Nel libro di Sharon Salzberg, L’arte rivoluzionaria della gioia, è riportata una frase di William Butler Yeats: «Possiamo rendere le nostre menti come uno specchio d’acqua immobile, così che gli esseri si radunino intorno a noi, vedano le loro stesse immagini, e quindi vivano per un momento un’esistenza più chiara e forse addirittura più fiera grazie alla nostra calma.»
La logica del mondo occidentale è di essere di aiuto agli altri attraverso il fare. Per quanto il fare sia necessario in molteplici occasioni di aiuto, di pari misura è irradiare calma e pace, essere specchio per contemplare un’esistenza più chiara, come dice Yeats. E per trasmettere calma e pace dobbiamo avere in noi calma e pace, non come stato di essere momentaneo, bensì permanente. Sappiamo bene che tutto è soggetto al cambiamento, continuo, e quindi anelare a uno stato d’animo di calma profonda in modo permanente può risultare contraddittorio. Tuttavia, l’intenzione a mantenere uno stato di pace interiore è già una possibilità concreta di porre attenzione e consapevolezza alle parole, alle azioni, alle abitudini. Il desiderio poi di essere di aiuto diffondendo intorno a noi la calma può contribuire a esercitarsi nella pratica della conoscenza della nostra sofferenza e della fine della sofferenza.
Il libro di Sharon Salzberg è un libro di pratiche di meditazioni buddiste. Le persone che non praticano la meditazione né sono interessate a farlo possono sentirsi esonerate dal leggere il libro e dalla conseguente attivazione a ricercare una pace interiore che vada a vantaggio degli altri. A mio avviso, però, esercitarsi con costanza nella consapevolezza del nostro agire, mettere attenzione ai gesti, ai pensieri, alle modalità di comportamento che creano le relazioni, è già un primo significativo passo per concorrere alla diffusione della pace. Non può esserci pace nel mondo, se non c’è pace nel cuore di ognuno.
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