Ti racconto

C’era una volta

Ogni racconto ha un significato. Ci sono storie che sentiamo più vicine a noi, di altre percepiamo solo un’eco. Ci sono storie che in un momento della vita ci illuminano e in un altro ci deludono. A volte pensiamo che la nostra vita sia un concatenarsi di sfortune e dolori come una tragedia, oppure sia facile e imprevedibile come una favola. Ci sono quasi sempre gli stessi elementi, che sia una commedia, una tragedia, un atto teatrale o una fiaba, eppure ogni genere narrativo contiene differenze, che portano in mondi dell’immaginazione differenti. La fiaba è come un sogno, con una trama, i personaggi, un luogo e oggetti simbolici; in quanto tale ci attrae per la molteplicità delle interpretazioni soggettive che si possono fare, in virtù del vissuto personale o delle conoscenze culturali.
Penso che questo sia il tempo cronologico giusto per scrivere con magia e innocenza. Sì, innocenza, perché la fiaba è rivolta alla parte bambina di noi che non sa nulla e che deve conoscere il mondo. La fiaba è una storia di iniziazione; parla dei rischi dell’innocenza, della precarietà di un mondo paradisiaco, descrive le prove del dormiente e ci guida attraverso un processo di risveglio. La fiaba racconta con precisione il mondo esterno quanto quello interno, serve a plasmarci interiormente e ci fornisce le istruzioni per vivere nel mondo. Il significato di una fiaba, le azioni dei personaggi, gli oggetti magici, gli imprevisti ci danno una visione più profonda di livelli essenziali della realtà ignorati.
Purtroppo, quando siamo grandi, i racconti per la parte bambina di noi sono erroneamente esiliati nei confini non-logici, e invece è salutare, di una salute animica, tornare all’esperienza fantastica; poiché ciascuna favola è un universo intero, possiamo impadronirci di ciò che ci offre, scomponendola nei suoi elementi e sperimentando ciascuno di essi, quanto più dettagliatamente e profondamente possiamo.
Per quanto gli incontri, individuali e di gruppo, che organizzo sulla fiaba non siano nell’ottica di una terapia psicologica, tuttavia è possibile leggere nella narrazione fiabesca, scritta da altri o da noi, movimenti mancati o parti intime poco enunciate. Similmente ad altri lavori di scrittura di sé, anche la fiaba è traduttrice del mondo interiore, sonnecchiante, che, sollecitato da immagini oniriche, affiora, come un oggetto gettato in un fiume, che a distanza di tempo riemerge in un altro punto del letto. È una scoperta o una ri-scoperta? Ci dà dolore o pace? O prima dolore e poi pace?
Le parole di Marie-Louise von Franz:

Il motivo che ci spinge a interpretare (le fiabe)è lo stesso che muoveva a raccontare fiabe e miti, e cioè l’effetto vivificante che se ne trae, la reazione benefica così provocata, la pace con il substrato inconscio istintivo così raggiunta.

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