A Teresa piace andare in posta, per l’attesa. Si ostina a non far domiciliare le utenze, raccoglie i bollettini e una volta al mese va nel luogo dove nessuno mai vuole stare, perché in posta si perde tempo, Come si fa a perdere qualcosa che non si ha, si era chiesta una volta, e questa domanda le aveva aperto – come chiave giusta – la porta di mille osservazioni: le impiegate che si ritrovano sempre qualcuno davanti, mentre pensano al figlio che nella mattinata farà il compito di geometria, Quello è una capra, non ci riuscirà neanche stavolta a prendere la sufficienza, Non so che cosa cucinare stasera per mia sorella, Mia madre mi ha chiamato, di nuovo, ma che ci ho messo a fare la badante se poi mi rompe le scatole ogni mezz’ora?, e intanto la coda si accorcia e sembra essere finita, per dieci minuti, poi di nuovo arrivano altri, sono gli impiegati degli studi professionali, si riconoscono per i vestiti, le donne hanno il rossetto, gli uomini le scarpe lucide, la valigetta in pelle marrone morbida, i più moderni uno zainetto blu, e dietro, quasi non si vede, per quanto sia piccola, la donna con la schiena curva che ancora ritira la pensione in posta, sebbene la figlia le abbia detto Facciamola accreditare direttamente sul conto, ma lei non si fida, Ti insegno a usare il bancomat mamma, così puoi prelevare quando vuoi, ma lei non vuole, perché dipenderebbe da una bocca che le sputerebbe i soldi, e così non avrebbe più la scusa di uscire e vedere facce, facce stanche e perdute nel mulinello delle urgenze, lei che di urgenze non ne ha più, il suo tempo è buono per ricordare il primo bacio dato al marito, di nascosto, le labbra sfiorate come ali di farfalla, un brivido per il corpo, il rossore alle guance.
Ti racconto