Ti racconto

Le piccole paure

Possiamo concordare nel dire che tutte le persone (e gli animali e forse anche le piante) provano paura. Ci sono le grandi paure, per malattia, invecchiamento e morte, per esempio, e ci sono le piccole paure, che non ci impediscono di condurre una vita normale. Tuttavia, esercitarsi a riconoscere le piccole paure, a rispettarle, a onorarle può essere un ottimo banco di esercitazione per sostenere anche le grandi paure.

Dietro i comportamenti meccanici, su cui poco ci soffermiamo, ci possono essere piccole paure. Non ci diamo peso perché nonostante loro andiamo a lavorare, abbiamo cura della famiglia, della casa, di fare la spesa, provvediamo agli impegni del quotidiano. Però ci sono. Partendo da questo presupposto, perché non fare un poco di sforzo per andare a conoscerle, dando loro spazio e tempo, scrivendo, creando storie, tenendole sotto osservazione? Per accrescere la consapevolezza. Già il passo dell’osservazione aiuta, a cui possiamo aggiungere la gentilezza, verso di noi, verso la paura stessa, uno sguardo benevolo che passa dal giudizio a una prassi attiva.

1) Abbiamo paura della paura?
Forse sentiamo di non voler vedere le nostre paure perché ne abbiamo paura, e così le chiudiamo dietro modi di pensare e azioni meccaniche, che ci addormentano da svegli. Sappiamo che non dobbiamo forzarci nello sciogliere le paure, sempre rispetto per loro; tuttavia, può essere utile provare a incontrarle, e onorarle, laddove possibile.

2) Ci sono paure salutari e paure non salutari.
Ci sono paure che ci portano verso la gioia. Possiamo avere paura nell’intraprendere un viaggio in un paese lontano oppure a iniziare un nuovo percorso lavorativo oppure nel decidere di andare ad abitare in un altro luogo. Nonostante siano belle decisioni possono portare paura, perché ci tolgono da ciò che conosciamo e lo sconosciuto sempre ci incute paura e ci indirizza verso la sofferenza. E ci sono paure che ci bloccano, per esempio, non iniziare una relazione affettiva per esperienze negative pregresse, non esprimersi di fronte a familiari o colleghi per timore di essere biasimati, non terminare gli studi, per paura di entrare nel mondo del lavoro.

3) La mancanza di osservazione ci pone in balia delle emozioni negative e ci fa diventare passivi.
Il giusto atteggiamento non è illuderci di vivere privi di paure e di sofferenza, poiché sappiamo che ciò non è possibile, né augurabile. Il giusto atteggiamento può essere osservare, accogliere la paura, darle una forma, persino parlarci, scrivere sulle nostre paure, permetterci di farci risvegliare da loro, respirare, ascoltare dove si manifestano nel corpo: colpiscono il cuore? Lo stomaco? Mi infiammano la gamba? Mentre scrivo della mia paura, mentre vivo la paura, ricevo segnali dal corpo? Compare la nausea? Mi arriva improvviso un mal di testa? In questo modo avviamo un dialogo con noi stessi. Già questo è un atteggiamento attivo, di risveglio.

4) Va bene così.
Ho sperimentato il potere della ripetizione di una frase. Per me funziona: Va bene così. Il gusto amaro in bocca che posso provare in situazioni di imbarazzo, o insicurezza, o di non adeguatezza, possono scomparire in fretta ripetendomi: Va bene così. È ciò che diremmo a una amica o un amico caro, un gesto delicato su una spalla, un atto di conforto, Va bene così, non ti accusare, non ti giudicare, accogli la fatica, rialzati e riparti, la prossima volta sarai più pronto, più sereno. In questo modo impariamo a riconoscere le difficoltà come esperienza di attenzione e risvegliamo il coraggio.

5) Risvegliamo il coraggio.
Per andare oltre la vulnerabilità, l’insicurezza, le paure, la sofferenza è bene attivare il coraggio. E se uno il coraggio non ce l’ha? Si può avere l’impressione di non averlo, ma se si va indietro con la memoria, si possono trovare molte situazioni in cui si è messo in atto il coraggio. Il coraggio di iniziare una relazione affettiva, di presentarsi a un lavoro, di lasciare la famiglia di origine, di scegliere una casa.

6) Scrivere
Si può scrivere sulle nostre piccole paure. Il primo atto è individuarne qualcuna, facendo un breve elenco di quelle che compaiono alla mente. Se ne sceglie una e si inizia a scrivere, spontaneamente, per dieci-quindici minuti. Poi si lascia depositare quanto scritto per qualche giorno, quindi si ritorna a leggere quanto scritto e ci si permette di immaginare un personaggio, un personaggio con un nome e un luogo dove vive, un modo di camminare e una famiglia, ecc. Quel personaggio avrà la nostra paura e farà qualcosa al posto nostro. Guardando il nostro personaggio muoversi, prendiamo una distanza dalla nostra piccola paura, la relativizziamo, la conteniamo, ce ne prendiamo cura, non la trascuriamo e non facciamo finta che non ci sia. Con la creatività trasformiamo un atto meccanico in un atto dell’immaginazione.
Bisogna solo avere il coraggio di provare.

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