Ti racconto

Nel soffio di vento di pioggia

La nostra memoria è fuori di noi

[…] quel che meglio ci rammenta una persona è proprio ciò che avevamo dimenticato (perché era insignificante e gli abbiamo lasciato tutta la sua forza). Ecco perché la parte migliore della nostra memoria è fuori di noi, nel soffio di un vento di pioggia, nell’odor di rinchiuso di una camera o nell’odore di una prima fiammata, dovunque ritroviamo di noi stessi quel che la nostra intelligenza, non sapendo come impiegarlo, aveva disprezzato: l’ultima riserva del passato, la migliore, quella che, quando tutte le nostre lacrime sembrano esaurite, sa farci piangere ancora. Fuori di noi? In noi, per meglio dire, ma sottratta ai nostri stessi sguardi, in un oblio più o meno prolungato. Solo grazie a questo oblio possiamo di tanto in tanto ritrovare l’essere che fummo, situarci di fronte le cose così come era situato quell’essere, soffrire di nuovo perché non siamo più noi, ma lui, e perché egli amava ciò che a noi è adesso indifferente. Nella piena luce della memoria abituale le immagini del passato impallidiscono a poco a poco, si cancellano, non ne rimane più nulla, non le troveremo più. O piuttosto, non le troveremmo più, se qualche parola […] non fosse stata accuratamente rinchiusa nell’oblio, allo stesso modo che si deposita alla Biblioteca Nazionale l’esemplare di un libro che rischierebbe altrimenti di diventare introvabile.

Marcel Proust, All’ombra delle fanciulle in fiore, Torino, Einaudi, 1978, p. 236

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