Ti racconto

Parola mia

Vi ricordate di Gianluigi Beccaria? Non il Cesare Beccaria che si scrisse contro la pena di morte, quello era vissuto nel 1700.
Io parlo del Beccaria professore universitario di Lingua italiana all’Università di Lettere di Torino, che però può essere ricordato di più per aver condotto un programma televisivo che in questi tempi manderebbe in fallimento la Rai. Parola mia era il titolo del programma che per ben 3 edizioni, dal 1985 al 1988, alle 19.00 circa parlava di Conoscere l’italianoUsare l’italianoAmare l’italiano, insomma una roba che andrebbe somministrata via endovena a persone politiche, dello spettacolo, opinionisti, e non solo.

Per Einaudi, Beccaria ha scritto un libro intorno al mestiere di scrivere, non come manuale che insegni a scrivere, che “in fondo, di manuali di scrittura ce ne sono troppi e quasi tutti poco utili”, ma come raccolta di sue personali considerazioni frutto di letture di una vita sul perché scrivere.
Riporta esempi di nostri poeti e scrittori (ahimè, sono in prevalenza uomini), ma anche di grandi autori stranieri.

Vi sono tante parti che meriterebbero essere citate; su tutte mi piace ricordarne una, che mi trova d’accordo e che conferma il mio centro di ricerca e interesse:

Leggere molto significa far passare entro di sè il maggior numero possibile di storie, e trarne spunti. Il narratore è aiutato enormemente a diversificare i punti di vista, a non limitarsi a guardare le storie soltanto dal proprio angolo di visuale. Leggere dà una mano non solo a moltiplicare le storie, ma soprattutto ad assumere una maggiore flessibilità di fronte alla complessa varietà del mondo.

Leggere e scrivere sono due movimenti propri dell’essere umano imprenscindibili per comprendere la complessità dell’esistenza. Ma attenzione che non si tratta solo di leggere tanto, ma di fare proprio ciò che si legge.
Un grande dell’antichità, Seneca, sconsigliava a Lucilio di passare da un autore ad un altro e lo invitava ad approfondire il pensiero di grandi pensatori.

Ora siamo in un tempo digitale e non possiamo fermarci a leggere e scrivere in modo verticale come facevamo prima, pena la morte sociale; sarà utile imparare la conoscenza orizzontale, che spazi su più campi e sia in ascolto di molti esperti. Tuttavia, è utile, se ci appassioniamo a una scrittrice o uno scrittore, leggere il più possibile i suoi libri, innamorarsene, acquisire il suo linguaggio, imitando la sua sintassi, il ritmo, il colore, per poi dolcemente lasciarla o lasciarlo andare e passare ad altro fiore.
Di fiore in fiore, con il tempo, la continuità e la tenacia, si potrà avere un proprio linguaggio che racconti meglio di noi e del nostro mondo, piccolo, immerso nell’esistenza universale.

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