E quando l’evento, il grosso cambiamento nella tua vita, è semplicemente una presa di coscienza, non è strano? Non c’è assolutamente nulla di diverso, tranne il fatto che vedi le cose in un altro modo e di conseguenza sei meno impaurita e meno ansiosa e nel complesso più forte: non è sorprendente che una cosa completamente invisibile nella tua testa possa sembrati più vera di qualunque altra cosa tu abbia mai provato prima? Vedi tutto più chiaramente, e sai che stai vedendo più chiaramente.
Sì, è strano. Un attimo prima c’è confusione, disordine mentale, dispersione di azione e sopratutto di parola, e un attimo dopo tutto appare chiaro e il mondo ci sembra differente, ossia la nuova visione ci porta verso una direzione nuova. Sono momenti di estasi e di sospensione dal tempo ordinario e lineare, durano pochi secondi nella loro epifania, nella rivelazione di un modo di vedere che non può più tornare indietro, pena la ricaduta nella cecità. Non possono susseguirsi con frequenza scandita, questi momenti, perché chiedono una elaborazione e una ri-elaborazione di quanto era prima e di quanto è ora. Si rimane nello sbalordimento e nello stordimento. Non si può parlarne subito, non c’è parola, e nemmeno pensiero per frazioni di secondi, ma tanti bastano per riconoscere uno spostamento di prospettiva, appunto una differenza tra quello che era prima e quello che è ora. Le convinzioni di una realtà che non poteva che essere quella cadono e lasciano spazio a nuove possibilità di racconto. Come dice Franzen, è una presa di coscienza. La coscienza si attiva, compie un’azione di svelamento, toglie un velo su quello che ritenevamo vero, almeno vero per noi. È questa operazione di svelamento che sconcerta e disorienta, è la mente a essere disorientata, poiché comprende che la massa ingente di pensieri che poneva su un problema, un modo di fare, un comportamento non può più esserci. Quello che pensavamo e sentivamo prima riguardo a una situazione o persona, non ha più modo di esistere e noi siamo obbligati, dalla presa di coscienza, a spostarci, appunto annotare la differenza tra l’adesso e il prima.
Se abbiamo avuto la fortuna di fare questa esperienza nella nostra vita, desidereremo ri-vivere nella carne e nelle ossa questa rivelazione, per la sensazione di liberazione che essa porta. È come quando apriamo un armadio e decidiamo di privarci di vestiti che non mettiamo più da tempo. All’inizio c’è incertezza poi, attivando il coraggio, prendiamo un vestito e poi un altro e poi un altro ancora e l’armadio si svuota e c’è più spazio e sentiamo di respirare meglio e la parte di noi che ha camminato mangiato parlato amato con quei vestiti se ne va con loro; si insinua il disorientamento ma subito dopo prendiamo coscienza che non siamo più come eravamo tre quattro cinque anni prima; privandoci di quei vestiti ci priviamo della parte di noi che rimaneva a prendere polvere ma non si attivava più. Eccola la presa di coscienza: esteriormente continueremo a vivere la stessa vita, nella stessa casa, con le stesse persone, ma interiormente percepiremo un cambio, uno spostamento, di pochi centimetri ma tanti bastano per essere meno ansiosi e meno impauriti, come dice Franzen, perché stiamo vedendo più chiaramente che cosa siamo diventati nel frattempo, ossia tra il tempo in cui usavamo quei vestiti per muoverci nel mondo e il tempo dell’adesso. Passato un poco di tempo, avremo l’illusione di essere di nuovo come prima, ma non è così: quando si prende coscienza di un cambiamento, non siamo più uguali a prima, siamo simili, ma non più uguali.
Da Le Correzioni di Jonathan Franzen, Einaudi, Torino 2014, p. 320.