Proteggi il tuo santuario
E allora scrivi! Anche solo per quindici minuti al mattino. Proteggi il tuo santuario. Non stare attaccata al telefono, Joanna. Tu sei una poetessa.
Breve battuta che J.D. Salinger dice al telefono ad una giovane donna che scrive poesie e lavora, come segretaria, per una delle più grandi agenzie librarie di New York. Salinger si era già ritirato dalla vita di società, e nel libro e nell’omonimo film, Un anno con Salinger, scritto da Joanna Rakoff, compare come voce che scambia qualche parola con la giovane Joanna.
Il film può avere un discreto interesse per chi lavora nel mondo dei libri, manca di mordente e di entusiasmo. Ciò che più è rimasto in me è la frase: «Proteggi il tuo santuario», che non è un luogo, ma un tempo: quindici minuti al giorno per scrivere. Si potrebbe pensare che sia un suggerimento solo per chi scrive di professione o aspira ad esserlo; è invece un suggerimento che mi sento di dare a chiunque voglia ricavarsi un tempo intimo: ogni giorno quindici minuti. Quindici minuti è il tempo di Kronos, il tempo dell’orologio, il tempo cadenzato che introduce in Kairos, nel tempo indeterminato, nell’intimità del tempo dell’anima. Per questo quindici minuti di scrittura al giorno sono un tempo che si espande ed è per questo che le persone trovano mille scuse per non entrarci.
Il santuario è un luogo sacro, dove si officiano riti e rituali riconosciuti da una comunità di persone unite da un comune credo religioso. Entrando in un santuario siamo portati ad abbassare il tono di voce, a contenere i gesti, a fare silenzio. Usare questa similitudine è legittimare la sacralità della scrittura. Quando la scrittura è scrivere di sé, scrivere diari e poesie, scrivere racconti e romanzi, quando la scrittura è ordine nella confusione mentale ed emotiva, quando è ricerca di verità, quando è postura di vita, quando la scrittura è conoscenza dell’ombra, allora è un tempo corporeo, da riconoscere, onorare e proteggere.
