Penso che nessuno si sognerebbe di dire di aver imparato ad andare in bicicletta, stando seduto sul divano. Per andare in bicicletta bisogna mettere in movimento il corpo: inforcare questo oggetto a due ruote, poggiare i piedi sopra i pedali, le mani sopra il manubrio e… pedalare.
Non so quante volte le persone mi hanno detto che avrebbe voluto scrivere, ma che non sapevano farlo. Poiché erano persone non analfabete, era impossibile che non sapessero scrivere. Ciò che in realtà intendevano era che non sapevano scrivere come: come una grande scrittrice, come l’insegnante di italiano, come lo zio che da dieci anni scrive l’autobiografia.
La scrittura ci porta al confronto involontario.
Per questo ho pensato che invitare le persone a scrivere con lo scopo di scrivere potesse essere una possibilità per superare la barriera della falsa incapacità, per andare verso l’autoriconoscimento di essere in grado di scrivere sempre, qualsiasi cosa, in qualsiasi modo, anche su piattaforma digitale.
A dire il vero, le maratone di scrittura che sto proponendo, per la conclusione di questo anno pazzo e per l’inizio di un anno quantomeno ragionevole, dovrebbero includere la lettura senza critica dei propri scritti, ma preferisco rimandare questo standard a momenti in presenza, seduti e sedute ad un unico tavolo, ascoltando con attenzione i racconti delle altre persone.
Mi piace proporre le maratone perché non si conosce il punto di arrivo. Si entra in una sorta di lieve estasi, si naviga entro le onde della scrittura senza annegare. Quando si riemerge, la realtà ha colori più vividi e la materia ha più significato.