Si perde una persona.
Si perde un animale.
Si perde un lavoro.
Si perde un oggetto.
Si perde una casa.
Si perde un fratello gemello.
Si perdono soldi.
Si perde un’amicizia.
Si perde un futuro a due.
Si perde un figlio.
Si perde un amore.

Il tema della perdita ci è familiare come quello del respiro. Ogni giorno contiene una piccola perdita di vita. È un bene non ricordarcene in modo continuo, diversamente potremmo rattristarci fino al punto di non nutrire il desiderio, la progettualità, la gioia. È altrettanto un bene ricordarcene di quando in quando, non solo nell’imminenza di un fatto grave che ci ha procurato perdita.
È bene raccontare la perdita.
Non c’è persona che non abbia vissuto la fitta della perdita e che non sappia riconoscerne il sapore acido, il freddo raccapricciante, il buio fitto. O la nostalgia. Diventiamo nostalgici per ciò che ci è appartenuto. Nostalgia di calore, sicurezza, conforto; nostalgia per l’entusiasmo, per l’amore scambiato; nostalgia per quello che avrebbe ancora potuto essere; nostalgia per un corpo; nostalgia per un progetto.

È possibile la trasformazione? È possibile dare forma altra a ciò che non può tornare indietro? Fare qualcosa o non fare niente? Parlarne o rinchiudersi nel silenzio? O attendere e se attendere, che cosa? La perdita è un’esperienza di morte e ciò che segue a una perdita, a una separazione, è il lutto. Il lutto chiede lavoro: racconto, elaborazione, riflessione, stasi, contenimento, il lutto chiede tempo. Ciò che il tempo fa è mitigare il dolore, la tristezza e la nostalgia; grazie al tempo troviamo una nuova forma di adattamento; ma il tempo non cancella e non fa dimenticare. Scrive Chandra Livia Candiani:

Pensa, la relazione di ora
questa nuova faccia dell’amore,
la chiamano lutto.

Si è in lutto quando si è provato amore, diversamente c’è indifferenza.

Siamo esseri che raccontano e attraverso il racconto l’essere umano si cura, per attutire il dolore e per trovare parole e forme di esistenza nuove. Si può scrivere sulla separazione, sul dolore della separazione, o sulla rabbia a causa della separazione, ma si può scrivere anche sulla rinascita di se stessi. E si può ascoltare. Quando si vive il dolore della perdita, si può essere restii a incontrare altre persone, poiché si teme di non sostenere la fatica del racconto o dell’ascolto. In questi casi il dolore è vissuto nella solitudine e nel silenzio. Tuttavia, la perdita e la separazione sono esperienza comuni; ci si comprende.

Raccontarsi in gruppo significa dare forma a pensieri e sentimenti offesi, esporsi e togliersi la maschera della perfezione e del controllo; nella nudità, il gruppo accoglie con rispetto la morte e la nascita. Per poter conoscere e ri-conoscere la possibilità di ri-nascere a noi stessi abbiamo bisogno di testimoni, di un utero che ridia il calore perso. Nulla di artefatto, nulla di forzato. L’attenzione, l’ascolto, il rispetto, il riconoscimento, il silenzio, lo sguardo sono sufficienti per donare lo spazio di ritrovamento di un nuova unità, in sé stessi.

La parola scritta e orale, connessa con il cuore, sarà la compagna a cui affidarsi per il viaggio di esplorazione.

Domenica 26 febbraio 2023 oppure sabato 4 marzo 2023
Dalle 9.00 alle 17.00
Presso La Ghianda, in via Alpignano, 16 – Torino
Info: robertaceraolo@gmail.com – 333.1861.162